La legge di bilancio, in uno dei suoi articoli, prevede la rimodulazione dei fondi stanziati per il Ponte sullo Stretto, con una riduzione degli oneri a carico dello Stato di 2,3 miliardi di euro, recuperati dal Fondo di sviluppo e coesione (FSC) per Sicilia e Calabria. Cosa significa? Quando uscì la notizia che il governo nazionale aveva inserito il prelievo forzoso dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione per il Ponte sullo Stretto e il Presidente della Regione Siciliana dichiarò pubblicamente la sua contrarietà ci eravamo illusi che, finalmente, per una volta Schifani facesse gli interessi dei siciliani non permettendo questo scippo a danno di opere primarie per il territorio. Purtroppo, non è andata così. Il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione è il principale strumento di finanziamento per l’attuazione delle politiche di riduzione degli squilibri economici e sociali sul territorio nazionale. Soldi che servono, o dovrebbero servire secondo il FSC, per investimenti in opere primarie (depuratori, messa in sicurezza del territorio, strade e viabilità), per cercare di diminuire il gap del mezzogiorno d’Italia. 2,3 miliardi di euro prelevati in maniera forzosa dal governo nazionale, di cui 1,3 miliardi destinati alla sola Sicilia, mettono in forte rischio le opere necessarie allo sviluppo dell’isola. Un prelievo imposto dal governo, per volere del ministro Salvini, senza neanche un minimo di concertazione con il territorio e rispetto delle prerogative istituzionali. Un comportamento al limite della democrazia che rischia, tra l’altro, di creare un pericoloso precedente. Ogni anno le province siciliane sono agli ultimi posti della classifica della qualità della vita. Ma come si può pensare di ridurre gli squilibri economici e sociali che ci sono sul territorio nazionale con la realizzazione di una sola opera, se pur faraonica, quando ci sono strade fatiscenti o inesistenti, depuratori malfunzionanti o del tutto assenti e una viabilità interna da terzo mondo? Non sarebbe più utile intervenire su tutte le opere primarie e indispensabili allo sviluppo economico e sociale della regione, per colmare quel divario che la realizzazione di un solo ponte non riuscirebbe certamente a colmare? Ma quali sono questi finanziamenti che sono stati distratti per la mastodontica opera?
Il 27 aprile del 2021 il governo Musumeci chiude in tempi rapidi un'altra pratica, segnata in rosso, del dossier sul pericolo esondazioni. Il torrente Acquavena, che attraversa il centro abitato di Spadafora, nel Messinese, poteva essere messo in sicurezza grazie alle due strutture che fanno capo alla presidenza della Regione: l'Ufficio Speciale per la Progettazione, diretto dall'Ing. Leonardo Santoro, che aveva pianificato l'intervento, trasmettendolo già all'amministrazione del Comune, e l'Ufficio contro il dissesto idrogeologico, che metteva a disposizione un milione e 615 mila euro. Lo stanziamento serviva a incrementare a sufficienza il budget necessario per effettuare i lavori finanziati dalla Rete Ferroviaria Italiana nel 2017 con un milione e 100 mila euro, dopo aver sottoscritto un Protocollo d'intesa nel lontano 1999.
L'intervento della Regione era stato chiesto dal Comune di Spadafora proprio per la mancanza di risorse, finanziarie e umane, a disposizione. Le esondazioni dell'Acquavena tengono in apprensione un'intera comunità da venticinque anni, con una replica nel 2010 e nel 2011 e, l’ultima, nell’agosto del 2020. In quest'ultima occasione, un fiume di fango ha provocato ingenti danni ad abitazioni, travolgendo autovetture e mandando in tilt, come sempre, l'intera viabilità: la strada ferrata, la statale e la provinciale che costeggia il lungomare. Nel progetto redatto dagli uffici della Regione sono contenute tutte le soluzioni idonee ad assicurare l'accesso in sicurezza dei diversi quartieri attraversati dal corso d'acqua e che rischiano di restare isolati ad ogni alluvione. Il tempo dei lavori era stato stimato in sedici mesi.
Il 1° settembre 2022 la Regione finanzia nuovamente, attraverso la Struttura contro il dissesto idrogeologico, i lavori di messa in sicurezza del torrente Acquavena a Spadafora. Stavolta però le risorse messe a disposizione dagli uffici di Piazza Ignazio Florio ammontano a tre milioni e 100 mila euro e coprono anche la quota di cofinanziamento che sarebbe dovuta arrivare dalla Rete ferroviaria italiana dopo la sottoscrizione di un protocollo d'intesa nel lontano 1999. I lavori di sistemazione idraulica, su un tratto lungo circa 500 metri, prevedono la tombinatura dell’alveo sotto il livello della sede stradale, ma anche la realizzazione di nuovi argini.
Ma questi fondi, insieme a tanti altri, non sono mai arrivati poiché distratti per la costruzione del magnifico Ponte. “Quei fondi servono per la mitigazione del dissesto idrogeologico, per le scuole, per le strade, le ferrovie – ha dichiarato il leader di Sud chiama Nord De Luca - È stata una rapina a tutti gli effetti che ha il valore di due miliardi e 300 milioni di euro. Noi stiamo autorizzando lo Stato ad attingere come un bancomat a queste risorse per questi progetti scellerati”.
La cosa grave è che in entrambi i comunicati stampa della regione Sicilia relativi ai finanziamenti, si parla di messa in sicurezza per problematiche legate più che altro alla viabilità. Peccato che, se dovesse accadere quanto accaduto in Emilia-Romagna o a Valencia, per esempio, cioè che il torrentino si trasformi in un fiume, troverebbe sul suo percorso abitazioni e persino una scuola dell’infanzia.
Il torrente oggi è poco più di un rigagnolo il cui letto è stato completamente asfaltato. Nella parte in cui incrocia la SS113, inizia la tombatura la cui imboccatura è notevolmente ridotta e non calibrata alla potenziale portata.
Considerato che si è soliti parcheggiare a ridosso del ponte, poiché non vi è nessun impedimento fisico, nel 2020, le macchine trascinate all’interno dell’imboccatura hanno ostruito il già ridotto canale di reflusso dell’acqua, causando l’allagamento delle zone circostanti.
L’interesse intorno al ponte è internazionale e in Italia si è soliti rimediare ai danni piuttosto che prevenirli. Ecco qui, se lo scenario fosse quello imprevisto in Emilia-Romagna, provocherebbe dei danni enormi e sicuramente non solo in termini di viabilità.
di Tania Barbato
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